mercoledì 20 aprile 2005

Non voglio aggiungere commenti.. solo citare..

preso da un post di gipsyqueen


Io volevo che la mia casa fosse un albergo.
Gente che va, gente che viene. Che suona il campanello senza preavviso, senza avere telefonato prima, cosa che nelle grandi città a nessuno salta in mente di fare. Che resta a cena, e basta aggiungere un piatto. Che ti racconta le cose. Che resta a dormire sul divano.
Mi sono sposata poco più che ragazzina con questo in mente. Volevo persone che parlassero di filosofia sdraiate sui cuscini. Che accendessero bastoncini d’incenso. Che ascoltassero musica tutta la notte. Che scambiassero la notte con il giorno. Persone su cui poter contare. Che mi aiutassero ogni volta che avevo bisogno, e io avrei aiutato loro.
Niente.
Quando qualcuno – coppie, solo coppie – aveva cominciato a venire a cena, previo preavviso di una settimana, portando la scatola di cioccolatini, a dire “complimenti alla cuoca”, o a rifiutare “per non disturbare”, o a dire “però andiamo a letto presto”, o a tacere perché “tra moglie e marito non mettere il dito” [solo Giorgio era diverso, ma veniva guardato con sospetto, finchè non si è sposato e non ha aderito alla filosofia della scatola di cioccolatini] allora, solo allora, mi ero resa conto di stare a riprodurre la situazione dalla quale avevo voluto fuggire. La vita dei miei genitori.

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